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Giro un articolo di Bin –Basic Income Network– sulla proposta di un assegno di disoccupazione per precari che mi sembra molto interessante…

La proposta di Dario Franceschini di garantire un sussidio a tutte/i
coloro che perdono lavoro in seguito alla crisi economica attuale e' 
semplicemente una proposta di buon senso. In verita' la questione e' piu'
complessa, il sostegno di cui si parla e' ancora inserito dentro un'idea
di ultima istanza, e nonostante cio' non puo' che essere salutato in
maniera positiva perche' dimostra la centralita' e l'importanza che
dovrebbe avere questo dibattito nel nostro paese.  Anche se fosse minimo,
condizionato, mero strumento di rilancio dei consumi e proposto come
ammortizzatore sociale e non come diritto di cittadinanza, e' comunque una
novita' l'interesse e il consenso che, questa semplice e quasi ovvia
proposta, sta suscitando.
Riteniamo tuttavia che la proposta debba essere meglio specificata: in
primo luogo, occorre chiedersi chi sono oggi i destinatari. Si parla
genericamente di disoccupati, alludendo a colui o colei che non e' messo
in condizioni di lavorare, pur volendolo. Chi e' fuori dal mercato del
lavoro ed ha quindi bisogno di reddito. Come potremmo definire allora un
lavoratore precario quando passa da un lavoro ad un altro? E' fuori dal
mercato oppure e' dentro il mercato del lavoro ma fuori da ogni garanzia?
Ecco quindi che l'idea di affrontare una 'lotta alla disoccupazione' senza
tener conto delle modificazioni produttive avvenute puo' portare fuori
strada. Ma c'e' di piu'. Per i precari il ricatto continuo si gioca
sull'unica opportunita'  possibile che si presenta, a prescindere dal tipo
di contratto, dalla durata e dal salario  percepito. In questa condizione
il reddito garantito da' forza alla contrattazione e soprattutto aiuta a
liberare tempo per non sottostare al ricatto del lavoro purche' sia e
cercare invece opportunita' migliori (ricordiamo la 'promessa' della 
Lisbon Agenda di aiutate tutti a trovare il 'proprio' contributo
produttivo alla crescita comune).
Per quelli che vengono definiti 'disoccupati', proprio come per i 
precari, il ricatto e' lo stesso, solo che si muove dentro un mercato
altrettanto potente, quello senza regole minime, il lavoro nero. Tutti e
due i soggetti, se vogliamo leggerli ancora con lo sguardo di chi intende
pensare a soggetti diversi, hanno la necessita' immediata di un reddito
garantito per rompere  questo circuito perverso. Di fatto, oggi il
disoccupato non e' piu' chi non riesce a trovare lavoro, ma piuttosto chi,
pur lavorando, non percepisce un reddito sufficiente (per una vita
dignitosa). La vera emergenza, per tutti, e' quindi la carenza di reddito.
Chi lavora, chi ha un contratto atipico, chi tutti i giorni e' impegnato
in attivita' di formazione, di apprendimento, di relazione, di fatto
svolge una prestazione produttiva e, nella maggior  parte dei casi, tale
attivita' produttiva non viene riconosciuta ne' remunerata e si trova in
condizioni di gravi difficolta' economiche. A livello europeo, si sta
discutendo di proposte per garantire continuita' di reddito minimo e il
diritto alla copertura dei bisogni essenziali viene garantito dalle Carte
sociali europee e dalla Carta di Nizza. E' un primo passo, rispetto al
quale l'Italia (che notoriamente non ha alcun dispositivo di reddito
minimo) deve adeguarsi.  Un primo passo e' una riforma degli
ammortizzatori sociali che vada in questa direzione.
Attualmente, al contrario di cio' che afferma il ministro Brunetta, il
sussidio di disoccupazione, oltre che essere miserevole, puo' essere
erogato solo a chi negli ultimi 24 mesi ha pagato contributi  sociali per
52 settimane lavorative (ovvero solo a chi aveva un contratto  di lavoro a
tempo indeterminato), oppure ai dipendenti subordinati delle medie-grandi
imprese grazie alla Cassa Integrazione. I precari sono ovviamente esclusi.
Il dibattito che si e' avviato sulla proposta Franceschini e' una apertura
al tema del reddito garantito sul piano nazionale. Ma e' altrettanto
necessario  che questo dibattito, anche perche' in prossimita' delle
elezioni europee, si sviluppi al fine di porre la questione della 
garanzia di reddito per tutte e tutti come nodo centrale delle nuove
politiche del lavoro e sociali europee, come simbolo di una solidarieta'
paneuropea.
Il nodo del finanziamento di un nuovo welfare adeguato alla realta' del
lavoro vivo presente nel nostro paese puo' essere facilmente risolto:
oltre la questione dell'evasione fiscale, bisogna pensare che in Italia
molti cespiti di reddito (da quello relativo al possesso di titoli
finanziari,  allo  sfruttamento di posizioni di rendita e di
localizzazione, alla  rendita da proprieta' intellettuale, all'uso
privatistico del territorio  solo per citare alcuni esempi) non sono
soggetti a tassazione o lo sono in misura limitata. In ambito europeo si
e' da tempo suggerito che gli iniqui e immorali aiuti della politica
agricola comune (PAC), che affamano il terzo mondo e consentono sacche di
rendita agraria sovvenzionata, siano aboliti e che le relative risorse
siano convertite per finalita' sociali. Ancora in questi giorni e' stata
lanciata l'idea del finanziamento di un sistema continentale di flexicuriy
alla cui base vi sarebbe la garanzia dei bisogni essenziali, attraverso la
creazione di eurobonds che la forza dell'euro potrebbe imporre al mercato.
Il presidente americano Obama vuole introdurre un incremento dell'aliquota
fiscale del 2% per i redditi superiore ai 100.000 dollari per finanziarie
il progetto di sanita' pubblica. In Gran Bretagna, il governo Brown si sta
muovendo nella stessa direzione. In Italia, i depositi bancari sono
tassati con aliquote superiori al 30% mentre le rendite finanziarie con 
ritenuta d'acconto del 12%. Su come finanziare un reddito garantito non 
c'e' molto altro da aggiungere. Riteniamo pertanto che la straordinaria
risonanza avuta in questi giorni dalla proposta dell'assegno ai
disoccupati vada nella giusta direzione, non solo perche' da' dignita' ad
un dibattito che sembrava fino a poco tempo fa, anche  agli ex governanti,
sterile ed utopistico, ma anche perche' apre le porte ad una possibile e
necessaria riforma del welfare che comprenda la questione del reddito
garantito.  In questo senso riteniamo che prima o poi sara' necessario
porre con ancora piu' forza la  questione del reddito come diritto di
cittadinanza, come reddito di  esistenza.
Uno sguardo al dibattito di questi giorni.  Per darvi un assaggio del
dibattito in corso, del coinvolgimento di esponenti di destra, tutti
contrari, e sinistra, con proposte diverse, di economisti, sociologi e
quant'altro sul tema, vi  consigliamo di andare sul sito del Bin-Italia a
questa pagina in cui abbiamo raccolto una serie di risposte. I link che
troverete dimostrano in quanti ne stiano parlando e dove ne stanno
parlando: siti di informazione giornalistica, istituzionale, blog, siti
sindacali, insomma ovunque.
Ed in tempi di ronde, che la centralita' del sostegno al reddito possa far
tornare a  parlare di politica, a partire dal riconoscimento di un nuovo
diritto, non e' poca cosa.
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